In questa sezione verranno trattati temi inerenti sia alla Neurochirurgia che alla Medicina generale.
Di seguito trovate gli approfondimenti per quanto riguarda le principali patologie che trattiamo presso le Unità Operative di Neurochirurgia dell'Ospedale Meyer di Firenze e del Policlinico "Le Scotte" di Siena


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mercoledì 12 maggio 2010

Nuovi Fattori di Rischio Cardiovascolare

L’aterosclerosi (ATS) rimane tuttora la principale responsabile dei decessi per cause cardiovascolari nei Paesi occidentali. Il Prof. Paolo Puddu, già Professore ordinario di Medicina Interna e Libero Docente di Biochimica e di Patologia Medica, Dipartimento di Medicina Interna e Cardioangiologia, Università degli Studi di Bologna, riporta un interessante studio che evidenzia il ruolo di altri fattori, accanto a quelli classici, nella genesi dell'ATS.

Il problema del rischio cardiovascolare è complesso: infatti le forme più comuni di aterosclerosi hanno una genesi multifattoriale e possono associrsi alla malattia fattori con una forte componente genetica.
In molti soggetti lo sviluppo della malattia correlata all’aterosclerosi è determinata dall’intreccio di fattori ambientali, metabolici e genetici. In alcuni casi la malattia può essere spiegata da un singolo gene maggiore, mentre in altri variazioni di diversi geni minori possono contribuire allo sviluppo dell’ATS.
I classici fattori di rischio dell’aterosclerosi sono il sovrappeso corporeo e l’obesità, l’ipertensione arteriosa, l’abitudine al fumo, il diabete mellito e la sindrome plurimetabolica (sindrome da insulino-resistenza o sindrome X), che spesso porta al diabete di tipo 2. Si aggiungono le seguenti alterazioni dei parametri lipidici: ipercolesterolemia (colesterolo totale > 200 mg/dL, colesterolo LDL > 135 mg/dL, colesterolo HDL < 35 mg/dL nei maschi o < 40 mg/dL nelle donne, rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL  > 5), ipertrigliceridemia (150-400 mg/dL), lipoproteina Lp(a) > 30 mg/dL.
La stima dei fattori tradizionali non è del tutto sufficiente per la valutazione del rischio globale.

Molti studi hanno dimostrato che diversi pazienti con malattia coronarica non presentano i fattori di rischio tradizionali e nel contempo è stato osservato che circa un quinto dei soggetti trattati con terapia ipocolesterolemizzante è andato comunque soggetto a eventi cardiovascolari clinici.

In questo contesto sono stati esaminati nuovi fattori.


Iperomocisteinemia
Fra i nuovi fattori emergenti uno dei più importanti è stato considerato l’iperomocisteinemia. L’omocisteina è un aminoacido che si forma durante il metabolismo di un aminoacido essenziale, la metionina.
Sembra che quando i livelli plasmatici di omocisteina superano i 12 mg/dL, aumenta il rischio di trombosi.
Nell’eziologia dell’iperomocisteinemia sono coinvolti fattori genetici, l’età, il sesso, la disfunzione renale, fattori nutrizionali, la leucemia linfoblastica acuta, il lupus eritematoso sistemico, la psoriasi, l'insufficienza epatica . Anche alcuni farmaci, tra cui i diuretici tiqzidici, il metotrexato, l’isoniazide, i contraccettivi ed alcuni antiepilettici possono indurre un aumento dei valori di omocisteina circolante.
È possinile prevenire il rischio connesso agli stati di iperomocisteinemia con lasomministrazione quotidiana di acido folico, vitamina B12 e di vitamina B6.
Nuovi parametri lipidici
Fra i parametri lipidici emergenti proposti per individuare precocemente i soggetti con ATS subclinica è stata presa in considerazione la lipoproteina (a) (Lp(a)) che è una forma modificata di LDL.
Il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL è l’unico forte predittore di rischio e la combinazione con la Lp(a) non aumenta il valore predittivo. Questo risultato negativo non impedisce peraltro che lo screening per la Lp(a) venga eseguito nei soggetti ad alto rischio, come quelli con cardiopatia ischemica precoce, con storia familiare di malattia coronarica oppure nei pazienti senza fattori di rischio tradizionali apparenti. Ciò vale anche per l’omocisteina.

Fattori protrombotici
Le ischemie rappresentano la manifestazione clinica di un evento trombotico dovuto ad una placca instabile, ricca di lipidi, i quali occupano fino al 50-60% del suo volume e che presenta una capsula fibrosa sottile. Questa particolare placca è caratterizzata da una cospicua presenza di cellule infiammatorie (linfociti, macrofagi e mastcellule) che circondano il core lipidico. Nel centro della placca sono presenti anche cellule necrotiche.
La capsula fibrosa va incontro a fissurazioni e a rotture, esponendo il core lipidico altamente trombogeno. La placca è in grado di attivare la coagulazione. Anche le piastrine giocano un ruolo importante. Si forma il trombo piastrinico, composta da una matrice di piastrine e fibrinogeno adeso alla superficie vasale. Il trombo può evolvere fino ad ostruire più o meno completamente il lume, provocando l’infarto miocardico o l’angina instabile.
È emerso un’associazione tra malattia vascolare e fibrinogeno. Un aumento del fibrinogeno è associato a un aumento del rischio di infarto e di ictus.
Il fibrinogeno è in parte modulato da fattori genetici e può aumentare nella menopausa, nel diabete e nei fumatori.

Sindrome metabolica
Chiamata anche sindrome dismetabolica X, è un’entità clinica le cui principali caratteristiche sono: l’obesità addominale, la dislipidemia (aumento dei trigliceridi e delle piccole particelle di LDL, bassi livelli di HDL colesterolo), l’aumento della pressione arteriosa, l’insulino-resistenza, con o senza intolleranza al glucosio. Queste situazioni comportano un forte aumento del rischio cardiovascolare.

Agenti infettivi
Esistono indicazioni biologiche ed epidemiologiche che alcuni agenti infettivi potrebbero essere coinvolti nella patogenesi dell’aterosclerosi.
Sono stati chiamati in causa l’Helicobacter pilory, la Chlamidia pneumoniae e vari virus, tra cui il Cytomegalovirus.
È probabile che essi interagiscano con i vari fattori di rischio nel produrre una malattia vascolare, come un’endotelite, per esempio, in grado di detrminare nelle cellule alterazioni proaterosclerotiche.

I marcatori di infiammazione
La constatazione che l’infiammazione è intimamente coinvolta con lo sviluppo dell’aterosclerosi ha da tempo suggerito un ruolo potenziale dei marcatori di infiammazione nel predire precocemente il rischio di aterosclerosi coronarica.
Tra questi hanno assunto importanza predittiva alcune proteine della fase acuta, come le interleuchine, le molecole di adesione vascolare, il fibrinogeno, la proteina C reattiva.
Una recente valutazione ha dimostrato che il rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL e la proteina C reattiva sono i più forti predittori di sviluppo della malattia ed anche il terzo componente del complemento (C3).
Sia la PCR che il C3, che sono proteine della fase acuta, possono comunque essere marcatori di infiammazione presenti in qualunque processo infiammatorio in corso. Sulla base di vari studi epidemiologici è comunque possibile concludere che parametri infiammatori come i livelli di PCR o di altre proteine infiammatorie, come il C3, possano essere utili per determinare quali pazienti, anche se clinicamente stabili, siano a rischio di eventi cardiaci futuri.

Conclusioni
È stata conferita un’importanza aterogenica a dislipidemia, ipertensione arteriosa, diabete mellito, obesità, abitudine al fumo e alla storia familiare di malattie cardiovascolari.
Lo stesso si può affermare per lo stile di vita sedentario, in quanto è noto che l’esercizio fisico regolare è in grado di ridurre significativamente il rischio di contrarre la malattia coronarica attraverso i suoi benefici effetti su disfunzione endoteliale, perfusione delle coronarie, bilancio del sistema fibrinolitico con riduzione degli eventi ischemici.
Le strategie attuali per la prevenzione primaria e secondaria della malattia coronarica sono focalizzate prevalentemente sui fattori di rischio tradizionali, con particolare enfasi sulla riduzione del colesterolo LDL.
L’ATS è una malattia multifattoriale con una forte componente ereditaria. Vi è, quindi, la possibilità che numerosi geni siano coinvolti nell’aterogenesi.
Ancora oggi non sono completamente conosciuti i geni che determinano un aumentato rischio di malattia coronarica.
È significativo che attualmente la causa della malattia coronarica sia solo nel 50% dei casi attribuibile ai fattori di rischio tradizionali.

Sono stati quindi valutati nuovi fattori di rischio emergenti, quali l’iperomocisteinemia, particolari parametri lipidici (Lp(a), apo A-I, apo B-100), i fattori protrombotici, la sindrome dismetabolica, alcuni agenti infettivi e i marcatori d’infiammazione.
Il Prof. Puddu mette in evidenza che però la valutazione di ciascuno di tali fattori richiede una rivisitazione delle prove epidemiologiche, un esame del meccanismo attraverso cui il fattore potrebbe partecipare all’aterotrombosi, e la valutazione dell’utilità dello screening. Infatti, in alcuni casi non esiste tuttora la prova certa che una modificazione selettiva di questi nuovi fattori di rischio sia associata a un sicuro beneficio clinico.
Comunque è possibile affermare che il razionale per attuare un’azione preventiva di correzione anche dei nuovi fattori di rischio sia sufficientemente giustificato.
Anche se sono necessarie ulteriori e più approfondite ricerche per stabilire con certezza  l’importanza patogenetica dei fattori emergenti occorre riconoscere che l'eventuale dimostrazione di tale ruolo potrà certamente rappresentare l'opportunità di avere a disposizione altri elementi utili per contribuire a ridurre il rischio cardiovascolare.

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